martedì 31 marzo 2015

Trovato Raro Esemplare di Squalo Goblin (Mitsukurina owstoni) in Australia

Una creatura marina rara descritto come un "alieno del profondo" è stato trovato in Australia e  consegnato ad un museo che Martedì ha mostrato il suo grugno, i denti simili a chiodi e il  flaccido corpo rosa.

Gli squali goblin vivono sui fondali di acque profonde e poco si sa sulla loro vita.
Il museo ha detto che il corpo dello squalo, morto nel tragitto verso l'acquario locale, era comunque in buono stato e sarebbe un buon pezzo per la sua collezione.
"E 'abbastanza impressionante, non è orribile è bello", ha detto il direttore della collezione di pesci del Museo Australiano Mark McGrouther, che ha descritto i suoi denti come somiglianti a "piccoli pugnali".
"Non sono catturati terribilmente spesso. Non sono incontrati terribilmente spesso affatto."
McGrouther ha detto che questo era solo il quarto squalo goblin acquisito dal museo di Sydney, insieme alle prime due acquisizioni nel 1980.

L'ultima cattura è stata effettuata da un pescatore nel mese di gennaio. Lo squalo è stato trovato nei pressi di Eden, al largo costa sud-orientale dell'Australia, a una profondità di circa 200 metri (656 piedi) e consegnato ad un acquario locale che l'ha mantenuto in ottime condizioni per il museo.
Il meccanismo della mandibola dell'animale, che viene estroflessa in avanti quando rileva la preda e poi si ritrae sotto il muso a forma di vanga, affascina McGrouther.
"Ho il sospetto, data la muscolatura flaccida del muso, che non abbia bisogno di esercitare molta energia ... così nuota lentamente sul fondo usando il muso solo come un metal detector"
"Esso draga il fondo e quando rileva un piccolo pesce o un granchio o un calamaro, "spara fuori" le mascelle e lo cattura.
"Trafigge la preda con i denti appuntiti simili a lance e poi la inghiotte."
Gli ultimi campioni di squalo goblin, da cui sono stati prelevati campioni di tessuto per i test genetici, saranno conservati dal museo e messe a disposizione per la ricerca.

lunedì 9 marzo 2015

iSharkFin, il nuovo software della Fao che aiuta a salvare gli squali




Gli squali potranno un giorno nuotare più serenamente grazie a un nuovo strumento digitale sviluppato dalla FAO che permette una rapida identificazione di queste specie. Il nuovo software, chiamato in inglese iSharkFin, aiuterà a proteggere specie di squali a rischio di estinzione e a combattere il commercio illegale di pinne di squalo.

E’ uno strumento per gli addetti alla dogana, per gli ispettori dei mercati ittici ma anche per i pescatori che vogliono evitare la cattura di specie protette, ha affermato Monica Barone, che ha guidato una squadra del Dipartimento Pesca e Acquacoltura della FAO nello sviluppo del software.

I lavori su questo progetto sono iniziati nel 2013, dopo che cinque specie di squali sono stati aggiunti alla Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche a rischio d’estinzione (CITES).
Il sistema si basa su tecniche d’intelligenza artificiale e fornisce un utile strumento agli ispettori portuali, agli agenti doganali, agli ispettori del mercato e a coloro che commerciano pesce, tutte persone che non hanno una formazione specifica nel riconoscimento e nella classificazione scientifica delle specie.

Viene caricata una fotografia, l’utente sceglie alcuni punti chiave della forma della pinna e altri dettagli,   un algoritmo confronta le informazioni con la sua banca dati e identifica la specie di squalo in questione. Il processo richiede circa cinque minuti. La FAO sta anche sviluppando un’applicazione di iSharkFin che può essere utilizzata su tablets o smartphone, ampliandone così la portata e l’impiego.




Finora iSharkFin è in grado di identificare 35 specie di squali dalle pinne dorsali – la pinna del pescecane per antonomasia – e sette solo dalle pinne pettorali. Molte di queste specie sono quelle più frequentemente commerciate a livello internazionale. Ne saranno aggiunte altre, ma poiché alcune specie stanno diventando abbastanza rare, ci vorrà tempo per raccogliere dati completi.

Il software è stato sviluppato dalla FAO in collaborazione con l’Università di Vigo, in Spagna. CITES e il governo del Giappone hanno fornito un sostegno finanziario. L’introduzione di iSharkFin potrebbe consentire alle autorità di svelare il mistero sulla reale entità della pesca allo squalo a livello mondiale.

Le stime sul numero di squali uccisi variano enormemente.  Secondo uno studio recente la cifra potrebbe essere superiore ai 73 milioni di unità, ovvero più del 6 per cento dello stock totale annuo. Una quantità che supera il tasso ritenuto sostenibile per animali, come gli squali, caratterizzati da una crescita lenta, che raggiungono tardi la maturità e che hanno una riproduzione limitata. Dati questi che sono quattro volte superiori rispetto a quanto registrato dalla FAO, basandosi su statistiche ufficiali di produzione.

La causa di tale divario, incomprensibilmente ampio, è spesso attribuita allo “spinnamento” (finning in inglese, n.d.t.), una pratica crudele che consiste nel pescare gli squali, tagliare loro le pinne (destinate al commercio) e rigettare l’animale morente in acqua. Molte nazioni hanno dichiarato lo “spinnamento” illegale e hanno stabilito che le pinne di squalo possono essere commercializzate solo se l’intera carcassa è portata a riva.

L’utilizzo di iSharkFin dovrebbe anche consentire una migliore comprensione del divario di dati, poiché le informazioni sulle pinne fotografate possono essere utilizzate per estrapolare volume e peso presunti dell’intero animale, portando – come ha spiegato la dott.ssa Barone – ad un calcolo indiretto della cattura di pescecani.
Della sfida di una gestione efficace in alto mare, di una pesca responsabile e della conservazione delle specie a rischio, si discute questa settimana nel seminario ad alto livello che si svolge presso la FAO (17-20 febbraio).

Fonte: http://www.greenreport.it/

martedì 3 marzo 2015

Pesce siluro gigante pescato nel Po: è record mondiale

L'impresa ittica è riuscita a due fratelli che dopo le foto di rito hanno rimesso il colosso in acqua


Lo scorso giovedì 19 febbraio i gemelli Dino e Dario Ferrari, che stavano pescando nelle acque del fiume Po nei pressi di Casalmoro (Mn), hanno preso un pesce siluro decisamente da record: 2,67 metri per un peso di 127kg.
Per tirare a bordo il siluro da record, talmente grosso che persino il network americano Cnn se ne è occupato con un servizio video ed un'intervista Skype ad uno dei protagonisti, è stata necessaria un'attrezzatura altrettanto speciale, particolarmente resistente.
Le immagini della cattura del colosso d'acqua dolce, le fotografie di seguito ed il video in testa a questo post, sono state realizzate dai Ferrari, pescatori che a quanto abbiamo appreso vantano una certa esperienza nel ramo della pesca sportiva: il pesce siluro pescato nei giorni scorsi sul fiume Po, fra il Reggiano e il Mantovano, dopo le foto di rito è stato rimesso in libertà.