Gli squali potranno un giorno nuotare più serenamente grazie a un nuovo strumento digitale sviluppato dalla FAO che permette una rapida identificazione di queste specie. Il nuovo software, chiamato in inglese iSharkFin, aiuterà a proteggere specie di squali a rischio di estinzione e a combattere il commercio illegale di pinne di squalo.
E’ uno strumento per gli addetti alla dogana, per gli ispettori dei mercati ittici ma anche per i pescatori che vogliono evitare la cattura di specie protette, ha affermato Monica Barone, che ha guidato una squadra del Dipartimento Pesca e Acquacoltura della FAO nello sviluppo del software.
I lavori su questo progetto sono iniziati nel 2013, dopo che cinque specie di squali sono stati aggiunti alla Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche a rischio d’estinzione (CITES).
Il sistema si basa su tecniche d’intelligenza artificiale e fornisce un utile strumento agli ispettori portuali, agli agenti doganali, agli ispettori del mercato e a coloro che commerciano pesce, tutte persone che non hanno una formazione specifica nel riconoscimento e nella classificazione scientifica delle specie.
Viene caricata una fotografia, l’utente sceglie alcuni punti chiave della forma della pinna e altri dettagli, un algoritmo confronta le informazioni con la sua banca dati e identifica la specie di squalo in questione. Il processo richiede circa cinque minuti. La FAO sta anche sviluppando un’applicazione di iSharkFin che può essere utilizzata su tablets o smartphone, ampliandone così la portata e l’impiego.
Finora iSharkFin è in grado di identificare 35 specie di squali dalle pinne dorsali – la pinna del pescecane per antonomasia – e sette solo dalle pinne pettorali. Molte di queste specie sono quelle più frequentemente commerciate a livello internazionale. Ne saranno aggiunte altre, ma poiché alcune specie stanno diventando abbastanza rare, ci vorrà tempo per raccogliere dati completi.
Il software è stato sviluppato dalla FAO in collaborazione con l’Università di Vigo, in Spagna. CITES e il governo del Giappone hanno fornito un sostegno finanziario. L’introduzione di iSharkFin potrebbe consentire alle autorità di svelare il mistero sulla reale entità della pesca allo squalo a livello mondiale.
Le stime sul numero di squali uccisi variano enormemente. Secondo uno studio recente la cifra potrebbe essere superiore ai 73 milioni di unità, ovvero più del 6 per cento dello stock totale annuo. Una quantità che supera il tasso ritenuto sostenibile per animali, come gli squali, caratterizzati da una crescita lenta, che raggiungono tardi la maturità e che hanno una riproduzione limitata. Dati questi che sono quattro volte superiori rispetto a quanto registrato dalla FAO, basandosi su statistiche ufficiali di produzione.
La causa di tale divario, incomprensibilmente ampio, è spesso attribuita allo “spinnamento” (finning in inglese, n.d.t.), una pratica crudele che consiste nel pescare gli squali, tagliare loro le pinne (destinate al commercio) e rigettare l’animale morente in acqua. Molte nazioni hanno dichiarato lo “spinnamento” illegale e hanno stabilito che le pinne di squalo possono essere commercializzate solo se l’intera carcassa è portata a riva.
L’utilizzo di iSharkFin dovrebbe anche consentire una migliore comprensione del divario di dati, poiché le informazioni sulle pinne fotografate possono essere utilizzate per estrapolare volume e peso presunti dell’intero animale, portando – come ha spiegato la dott.ssa Barone – ad un calcolo indiretto della cattura di pescecani.
Della sfida di una gestione efficace in alto mare, di una pesca responsabile e della conservazione delle specie a rischio, si discute questa settimana nel seminario ad alto livello che si svolge presso la FAO (17-20 febbraio).
Fonte: http://www.greenreport.it/
Nessun commento:
Posta un commento